Pompei, un mito senza tempo.
Nella prima lettera di Plinio il Giovane, si racconta che suo zio, mentre era in procinto di partire per vedere lo straordinario fenomeno eruttivo più da vicino, riceve un biglietto da Rectina, spaventata dal pericolo che la minacciava, essendo la sua villa posta ai piedi del monte e non vi era scampo per lei, supplicava di essere salvata dall'imminente minaccia. La villa di Rectina si trovava nei pressi di alcune torri che in epoca romana servivano da segnalatori luminosi con cui l' Impertore Tiberio durante le sue permanenze a Capri rimaneva in contatto con Roma. Essendo il marito di Rectina, Sesto Lucilio Basso, capo della flotta orientale romana, utilizzò senza problemi la linea semaforica della marina per inoltrare la sua richiesta di aiuto. Plinio il Vecchio, già in viaggio su una "liburna" (nave leggera), e che ricevuta il messaggio ordina di salpare con grosse navi da guerra per portare soccorso a Reactina ma anche agli altri sventurati. La situazione si presentò talmente grave che le navi non riuscirono ad avvicinarsi a Pompei e Plinio decise di dirigersi verso Stabia. Scrutando l'orizzonte ben presto la donna si rese conto che le navi si allontanavano. Presa dalla disperazione , lei ricca matrona abituata ad agi e lussi, inzio' a scappare unendosi alla fiumana di poveri e terrorizzati fuggiaschi, attraverso le strade ormai piene di detriti vulcani ed edifici crollati sotto una pioggia incessante di lapilli, nell'oscurità di un giorno senza sole. Pare che a differenza di tanti altri, e dello stesso Plinio il Vecchio, che morì durante la fuga proteggendosi con dei guanciali sul capo, Rectina ce la fece. Lo si suppone dai ritrovamenti di un'epigrafe scoperta nel 1854 dinanzi alla chiesa di Casalpiano a Morrone, nel Sannio che dice:
"C(aius) SALVIUS EUTICUS LAR(ibus) CAS(anicis) OB REDIT(um) RECTINAE N(ostrae) V(otum) S(olvit)"
"Caio Salvo Eutico sciolse il voto ai Lari della casa per il ritorno della nostra Rectina".
L'ara costituisce un ex voto realizzato da un liberto per lo scampato pericolo e il ritorno a casa della
domina. Questa è una delle tante storie di cui ancora ci parlano le mura di Pompei, una città che morì nel 24 Agosto del 79 a.C, sepolta sotto un'enorme quantità di lapilli, lava e gas velenosi. Di Pompei si perse anche il nome. Sul luogo ove essa sorgeva nacque una nuova comunità chiamata Civita. Fu solo nel 1592, durante lo scavo di derivazione del fiume Sarno, che tornarono alla luce i primi resti di edifici, iscrizioni e monete. Nel 1763, con il ritrovamento di un'iscrizione :
Respublica Pompeianorum (CIL X, 1018): Pompei rivedeva riconosciuta la sua identità.
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Primi scavi che portavano alla luce Pompei |
Le mura
La città di Pompei è circondata per tutto il suo perimetro da mura che accoglie sette porte. L'ingresso principale sito in pieno centro della Pompei moderna, apre ad uno scenario mozzafiato che d'improvviso coinvolge il visitatore come se varcando quella soglia un tunnel temporale lo ingoiasse, catapultandolo in una realtà di duemila anni e cancellando il trambusto, i suoni e il traffico di autobus e venditori ambulanti che si scaglia appena fuori. In un rispettoso silenzio, come se ci si trova in luogo sacro, masse di visitatori da tutto il mondo si muovono incantate dalla perfezione con cui i resti della città sono stati conservati dallo stesso evento "disastroso" che nel contempo l'ha ricoperta e sepolta in modo tale che la sua memoria non possa mai più morire. Pompei è ancora viva!
Si percorrono le strade di una vera e propria città, assi principali (
decumani) che si incrociano ad angolo retto con strade minori (
cardini) dando vita ad isolati (
insulae) occupati da agglomerati di abitazioni o da un un unico edificio pubblico. Sono carreggiate lastricate con grossi blocchi poligonali di basalto, affiancate da marciapiedi più alti rafforzati lungo i margini da cordoli di pietra ben squadrati. Si scorgono di tanto in tanto piccoli fori che servivano probabilmente per fissare al suolo i bastoni che reggevano le tende parasole davanti ai negozi e alle botteghe.
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Solchi di carri sulle strade |
Camminando lungo queste strade rese lisce dal calpestio e dall'acqua piovana, si scorgono degli attraversamenti pedonali, impossibile da non notare: Si tratta di grossi blocchi calcarei posti trasversalmente all'asse stradale che vanno da un marciapede all'altro e che consentivano, in caso di pioggia, ai pedoni di non bagnarsi. Si evince ancora, non solo dall'usura, ma anche dalla prsenza di solchi, a volte anche molto profondi, come le strade di Pompei fossero molto trafficate.
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Piccolo altare votivo che si trova in ogni casa |
Una porta immette in un breve corridoio (
fauces); al centro vi era una più o meno ampia sala (
atrium), intorno a cui si disponevano i vari ambienti. L'atrio era generalmente coperto da un tetto a quattro falde, spiovente verso l'interno in modo da convogliare le acque piovane che andavano ad alimentare una vasca posta al centro (
impluvium). Questo tipo di atrio era concepito in modo tale da donare alla casa un gradevole impatto visivo al visitatore. Erano zone molto luminose e giustamente ben adornate, ma principalmente assolvevano alla funzione di raccolta d'acqua per le esigenze domestiche, prima della costruzione del primo acquedotto augusteo che donò alle abitazioni l'uso di acqua corrente. Intorno all'atrio, si svluppavano tutta una serie di ambienti, dalla cucina alle camere da letto e, sul retro quasi mai mancava la presenza di un
Hortus, un giardino con portico colonnati (
perystilium) piccolo o grande a seconda dello status della famiglia, che assolveva alle esigenze alimentari ma che rappresentava al tempo stesso un importante elemento di decoro.
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Hortus |
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Giardino, perystilium |
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Impluvium |
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Camera da letto |
Le botteghe
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Dolia |
Sono un elemento facilmente riconoscibile durante una passeggiata a Pompei. Sono caratterizzate da grandi aperture che danno direttamente sulla strada. In particolare quelle adibite anche alla ristorazione hanno sull'ingresso un bancone in muratura, all'interno del quale sono incassati i
Dolia, grosse anfore destinate a contenere bevande calde oppure ortaggi, cibi secchi e affummicati. Spesso all'estremità del bancone si rinviene un fornetto che serviva a riscaldare le vivande o l'acqua con la quale spesso si diluiva il vino. Erano case-bottega, poichè spesso sul retro si sviluppava la casa del proprietario, oltre che un piccolo magazzino dove all'interno di grandi anfore in terracota si conservavano le scorte di cibo.
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Apertura che da sulla strada con bancone |
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Retrobottega |
A Pompei si conservano ancora in buone condizioni alcuni macchinari per la produzione dell'olio. La macchina usata per la prima spremitura delle olive era il
Trapetum. Una vasca circolare in pietra lavica,
mortarium o castillus, in cui giravano due mole emisferiche in pietra,
le orbes, montate su un asse cilindrico, il
miliarum. Le macine erano munite di una barra di legno con cui era possibile far ruotare le due pietre destinate alla frantumazione delle olive.
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Trapeum, macchinario produzione olearia |
Le fontane
La maggior quantità d'acqua era riservata alle fontane pubbliche da cui l'acqua fluiva giorno e notte. Servivano per distribuire l'acqua ma con la stessa acqua, si provvedeva anche alle pulizie delle strade. Se ne incontra una ogni 100 m circa, in modo tale da non far mancare l'approvvigionamento idrico alla popolazione. Hanno tutte lo stesso aspetto, una vasca in pietra calcarea rettangolare e un tubo in piombo decorato da cui zampillava l'acqua.
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Fontane |
L'anfiteatro
Il ritrovamento di abbondanti pitture tombali e di vari oggetti riconducibili ad alcuni giochi introduce nella storia la figura del "gladiatore". E' in Campania che sono stati ritrovati i resti più antichi di tale testimonianza (IV sec. a.C), solo successivamente la figura venne adottata in Etruria e ancora dopo a Roma. I giochi gladiatori, in principio chiamati
Munera, costituivano una sorta di tributo versato agli antenati defunti. Persero gradatamente tale funzione e divennero col tempo veri e propri spettacoli pubblici finanziati dai politici e dagli imperatori. I gladiatori erano individui "non liberi", criminali condannati, prigionieri di guerra, schiavi e alcuni volontari (liberti o uomini delle classi sociali meno elevate), che sceglievano di assumere lo stato sociale di uno schiavo semplicemente per un compenso economico o per pura fame di eccitazione. Chiunque diventasse gladiatore, diveniva "
infamis" per legge, cittadino non più rispettabile. I gladiatori diventavano veri e propri eroi popolari, tanto che alcuni nomi compaiono tuttora su alcuni graffiti e, grazie alle vittorie che ottenevano, oltre ad una notevole fama, vincevano il
rudis, una sorta di trofeo, una spada in legno che simboleggiava a vita la libertà acquisita.
L' anfiteatro di Pompei è un'opera edificata per iniziativa privata, dai
Duumviri C. Quinctus Valgus e Marcus Porcius, anche se successivamente subi' tante modifiche ad opera dei tanti imperatori che succedettero. Subito all' ingresso dalla porta principale, un' iscrizione lo denomina "
Spectacula" perchè, quando venne costruito il termine
Amphitheathrum non esisteva ancora nel gergo.
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Iscrizione all'ingresso dell'anfiteatro |

La cavea è addossata alle mura di cinta della città che ne aiutava il sostegno e le gradinate sono state ricavate da un terrapieno ottenuto dal terreno proveniente dallo scavo stesso dell' arena. L'arena è in terra battuta ed è divisa dalla platea da un parapetto alto circa due metri che prima dell' eruzione era affrescato con immagini di lotte tra gladiatori.
Lo spazio riservato agli spettatori è diviso in sezioni orizzontali chiamate
Maeniana. Fra il primo meniano e l'arena corre tutt' intorno come un anello il
podium o terrazza, destinato a sostenere i posti riservati alle autorità.
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Incisioni latine sui posti "privilegiati" |
La terrazza del podio porta poche file di gradini diversi da tutti gli altri. Sono più larghi e più bassi poichè erano destinati a sostenere le sedie in metalli o in legno su cui sedevano i personaggi più ragguardevoli. Spesso su questi gradini, come è l' anfiteatro di Pompei il caso, si ritrovano iscrizioni latine incise sulla pietra con la designazione della persona o del ceto di appartenenza degli spettatori ai quali il posto era stato assegnato. A Pompei in particolare, tale privilegio era dei magistrati che avevano l' obbligo di offrire spettacoli durante l' intero anno in cui erano in carica.
La Grande palestra
Posta di fronte all' anfiteatro, fu realizzata in età Augustea, sotto la spinta della politica imperiale, tesa a promuovere l'attività fisica e insieme la
Virtus nella gioventu' del ceto elevato. La palestra è un'ampia area rettangolare circondata da un portico a tre ali e chiusa da alte mura. Lungo le pareti del portico e sulle colonne sono stati rinvenuti grandi quantità di graffiti, molti dei quali si riferiscono ai giochi dell' anfiteatro ma non mancano frasi oscene e sfoghi personali che ci restituiscono un quadro vivace della vita che vi si svolgeva, abitudine in fondo, non molto diversa da quella che ancora oggi caratterizza alcuni luoghi di incontro sportivi o non.
Le Terme
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Apodyterium |
Gli edifici termali costituiscono una delle realizzazioni più caratteristiche dell' architettura romana in genere. Pur avendo come referente il bagno greco, le terme romane si svilupparono in modo originale e acquisirono nel tempo un' incredibile diffusione, divenendo un autentico fenomeno di costume piuttosto che una vera esigenza. La frequentazione delle terme era un' occupazione fissa della giornata. Lo schema costruttivo che le caratterizza è tipico nonostante la grande varietà che se ne puo' incontrare. Si tratta quasi sempre di una sequenza di ambienti lungo un asse longitudinale che si scopre non essere affatto casuale. All'ingresso un vestibolo che rappresentava una sala d'attesa ma allo stesso tempo uno spogliatoio (a
podyterium) dotato di panche di marmo o bronzo e mensole o nicchie in muratura lungo le pareti dove i bagnanti riponevano i rispettivi indumenti. Seguiva il
frigidarium, un ambiente munito di piscina o di una vasca di acqua fredda e il
tepidarium, sala di passaggio tra il frigidarium e il
calidarium, annesso al quale era generalmente il
laconicum, ambiente circolare adibito a bagno di calore secco o sauna. Nell'abside trovava posto il
labrum, un bacino marmoreo utilizzato per le immersioni in acqua fredda, necessarie per abbassare la temperatura corporea e resistere più a lungo ai bagni in acqua calda. Molte terme erano dotate anche di palestra all'esterno con portico (Terme Stabiane).
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Terme Stabiane, con annessa palestra esterna attorniata da elegante portico |
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Labrum, bacino per le abluzioni in acqua fredda |
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Alveus, in muratura e rivestito in marmo |
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Laconicum, ambiente circolareadibito a sauna |
I Templi
La vita religiosa degli abitanti di Pompei era molto intensa e complessa. Nei templi e nelle case essi onoravano entità di origine e di generi diversi, affiancando il culto di antichissime divinità indigene a quello di divinità greche, romane o orientali. Fra le divinità piu' care ai pompeiani, Apollo, Venere, Bacco e l' egiziana Iside.
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Il Foro |
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Tempio di Apollo |
Ultime scene di vita
( da: Gli ultimi giorni di Pompei di Edward Bulwer - Lytton)
(...) Glauco si volse, riprese Jone fra le braccia e fuggi' per le strade intensamente luminose. Ma ad un tratto un' oscurità improvvisa si diffuse in aria. Egli si volto' ancora istintivamente ed ecco una delle due creste in cui la cima si era divisa, ondeggio' e vacillo'; poi con un rombo cosi' possente che lingua umana non potrebbe descriverlo, precipito' sulla base ardente, piombando, valanga di fuoco per i fianchi della montagna. Allo stesso tempo sgorgava una massa enorme di fumo nerissimo che nascose l' aria, il mare, la terra. Una dopo l'altra, muove piogge di ceneri ardenti, più abbondanti di prima, spargevano sulla strada nuova desolazione. Il buio avvolgeva di nuovo tutto nel suo fittissimo manto e Glauco, l'ardito cuore vinto finalmente dalla disperazione, si getto' dietro il riparo di un arco e stringendosi al cuore di Jone, sposa su un letto di rovine, si rassegno' a perire (...). L' improvvisa illuminazione, il prorompere delle colate di lava e il terremoto mentre sallustio e la sua comitiva imboccavano la via diretta che dalla città conduceva al porto e ivi furono arrestati da un' immensa folla, più della metà della folla cittadina. A migliaia, i Pompeiani, si sparpagliavano per i campi fuori le mura, incerti dove fuggire. Il mare si era ritratto dalla spiaggia e i fuggiaschi erano rimasti cosi atterriti dall' agitazione e dall'innaturale ritrarsi dell'elemento, dalle forme boccheggianti delle ignote creature marine che le onde avevano lasciato sulla spiaggia e dal tonfo delle enormi pietre scagliate dal monte degli abissi, che tornavano di nuovo verso terra quasi questa presentasse ancora l' aspetto meno spaventoso. Cosi le correnti di esseri umani, quella che accorreva al mare e quella che proveniva dal mare, s'incontravano arrestate dall'incertezza e dalla disperazione, traendo un triste conforto dal trovarsi in si gran numero. Il mondo dev'essere distrutto dal fuoco - disse un uomo - la sapienza degli stoici e degli epicurei conviene in questa spedizione: l' ora è venuta! I Cristiani riecheggiarono il grido, ripetendo tutti ad alta voce, ma con bisbiglio soffocato e terribile: l'ora è venuta! In quel momento un urlo selvaggio lacero' l'aria (...) stremata Jone si addormento'sul petto di Glauco. Frattanto le piogge di cenerie lapilli cadevano incessanti sulle acque e spargevano le loro nevi sul ponte. Lontano, lontano, portate dai venti calavano sui paesi più remoti, spingendosi perfino nell' Africa bruna e roteando sull'antico suolo della Siria e dell'Egitto (...)
Si deve all' architetto Giuseppe Fiorelli, attorno al 1860 circa, il merito di aver trovato il metodo che riproduce l'immagine dei pompeiani morti durante l' eruzione del 79 a.C. sono i famosi
calchi.
Colando del gesso liquido nelle cavità lasciate dai corpi in decomposizione tra gli strati di cenere e, aspettando il tempo necessario all' induriment,o ha reso possibile il recupero delle forme, delle movenze, delle posizioni perfino dell' espressione di alcuni pompeiani nell' atto di morire.
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